Contact Us

Use the form on the right to contact us.

 

         

123 Street Avenue, City Town, 99999

(123) 555-6789

email@address.com

 

You can set your address, phone number, email and site description in the settings tab.
Link to read me page with more information.

Apocalypse Opera

THE APOCOLYPSE OPERA


The Apocalyptic thought and the translation in a positive way becomes soon a mania for the artist,
something like an obsession, almost a reason for living; it’s a complex thinking , that starts but doesn’t
finish.
It’s a bit like the concepts that could live by their own , they automatically continue reproducing and
duplicating until they be-come irrepressible just in the paintings. To not lose them they are organized
in a script that brings to a musical realization , but that’s not enough for the author in which growing
up the strong desire to bring it on the road, between the people.
So emerges the profile of a complex work that’s made by three steps: the Vernissage, the Musical
and the On The Road.


THE APOCALYPSE PAINTED


They were days of disenchantment in which the Hiddenart (an art type invented by me based on the
use of thermosensitive pigment) were forward, leaving the field to another art world that raised
doubts and misgivings.
The other face of the art put in an appearance, the commercial one, that with its more miserable quarrels
impoverished soul, while the mind argued it. That art brought me pain and I couldn’t recognize
me any more in that one, so I had to search new expressions. I found them in enamels and in artificial
resins.
My journey continued until I arrived to the Apocalypse, made by pain, critic, delusion and hope. My
Apocalypse is rebirth in painting and in life. I reread John’s Apocalypse and crossed the metaphors
and the symbols so I understood that the meaning wasn’t a catastrophic experience, but a positive a
message.
The Apoca lypse is purification, the good that overcomes evil, the way to Celestial Jerusalem , overcoming
of death with the rebirth in God’s harmony.
 

LA MIA APOCALYPSE

 TRA IL BIANCO E IL NERO

"Solo, in mezzo al mondo, ammalato d’inquietudine mi oriento. E vivo in mezzo agli altri dentro cerchi solitari, mentre trovo ogni risposta nel mio centro, e assorbo. E’ l’universo che infonde, e passando dentro me porta il tormento, il dolore, l’allegria, il bene e il male, bianco, nero, e in mezzo il resto. Tra le anime sopite e quelle deste, ancor sospese sull’eterno dubbio tra il fare bene e il fare male, tra quelle bianche e quelle nere, copro il mio percorso che è di tutti, purgatorio, Apocalisse. Come cronista sul mio tempo mi racconto, e l’anima, che è setaccio di dolore, filtra ogni cosa. Tra le maglie solo piccole molecole cui bisogna sopravvivere, ma non fa paura. La capacità di adattamento mi aiuta a superare il guado, senza annegare, il promontorio, senza arrestare, il crepuscolo. E vedo luce."

Attraverso la pittura, i componimenti poetici e la sceneggiatura Diego Santanelli libera la propria visione dell’universo. Interrogandosi sul destino dell’umanità formula una teoria apocalittica fondata sul pensiero dell’apostolo Giovanni e sul suo significato più intimo del lieto fine, e ripropone l’antica profezia biblica secondo una moderna interpretazione personale. Apò kalìpteyn dal greco vuol dire togliere il velo, quindi rivelazione, l’apocalisse non è dunque solo catastrofe, ma bellezza, e gioia, è rinascita come esito finale di un’esperienza di purificazione terrena. E’ il percorso dell’uomo in Terra realizzato nel libero arbitrio, il cammino che ciascuno compie tra le difficoltà della vita per rinascere nella Gerusalemme Celeste, la città perfetta fatta per l’uomo in eterna armonia con dio. In uno scenario dal forte impatto emotivo l’essere umano si muove tra insidie e incertezze, passa per le domande a cui non vi è risposta, si avvicina all’ultraterreno e entra in connessione col divino. E’ l’aspéro cammino che porta lì dove risiedono le risposte, dove tutto è il contrario di tutto e l’inizio coincide con la fine, dove l’alfa é l’omega. L’Apocalisse è adesso ed è dell’anima dice Santanelli, è una grande metafora che sottende all’esperienza privata nel purgatorio terreno, e il Giudizio Universale altro non è che un bilancio personale che appartiene al momento del trapasso. “…e non ci sarà alcun meteorite a colpire la Terra, perchè i mari che invadono le città sono il peccato che attenta l’anima e tutte le stelle che cadono sulla Terra sono solo le tue lacrime, Signore.” (Apocalypse Opera – Narratore intervento 1, Giovanni)

Ma secondo l’autore è la metafora che rivela la metafora, il percorso apocalittico è in realtà un atto introspettivo, è un volo leggero ma intenso fatto sul dolore, che passa per le proprie insicurezze e perfora gli strati dell’anima. E’ un viaggio interiore nei nostri spazi più reconditi, la ricerca delle chiavi d’accesso a quella parte di divino che è in ognuno di noi (e dio creò l’uomo a sua immagine e somiglianza), alle risposte che in realtà già possediamo, ma che risiedono nella parte di anima con cui siamo poco abituati a interagire.
                              “…ma la comunione non è prendere il sacramento attraverso l’ostia, la comunione è guardarsi dentro per promuovere la pace tra mente e spirito, è unione con gli altri e con dio, comunione è unione col divino che portiamo dentro. La comunione tra corpo e anima è l’unica via che porta alla luce, che crea la coscienza.”                         

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        

aPOCALYPSE  OPERA

                                                                      APOCALYPSE OPERA      Il Musical

                                                                        

 

l'APOCALISSE : OPERA

 L’APOCALISSE E’ UN LIETO FINE


La profezia sul destino dell’umanità non è catastrofe, ma rivelazione. L’angelo messaggero giunse da Giovanni l’apostolo sull’isola di Patmòs per mostrargli in cielo gli accadimenti futuri, chiedendogli di trascriverli e tramandarli alle sette chiese. Così l’evangelista scrisse di una rinascita attraverso la redenzione, un percorso nevralgico in cui si compie il cammino di purificazione terrena che conduce alla Gerusalemme Celeste, la città perfetta fatta per l’uomo in l’eterna armonia con dio. Il bene e il male, le due facce della stessa medaglia, il positivo e il negativo che risiedono in ognuno di noi, fanno dell’Apocalisse un purgatorio terreno in cui l’uomo è in continua lotta tra le due nature che gli appartengono. 

PERSONAGGI

Il Narratore.: 
Un Virgilio dei nostri tempi che con fare etereo, quasi sovrannaturale e completamente avulso dalla realtà che lo circonda, accompagna gli spettatori attraverso i gironi della nostra Apocalisse; racconta della frustrazione di Giovanni l’apostolo per lo scarso risultato ottenuto dal suo messaggio rivolto al mondo e della sua richiesta di essere sollevato dall’incarico. Il narratore funge da collettore tra pensiero dell’autore e spettatore, portando chiarezza nei momenti nevralgici e salienti della rappresentazione. Alla fine verrà rivelata la vera natura dell’attore narrante, cioè quella della coscienza umana, una perfetta sintesi tra mente e spirito.
L’Angelo.:
E’ il nuovo messaggero inviato sulla Terra, un angelo moderno che arriva dallo spazio per portare un messaggio vecchio con uno strumento nuovo; elegge la pittura e le arti libere in genere a vettore attuale e al passo coi tempi per veicolare all’uomo il proprio destino, conferendo maggior vigore agli scritti profetici di Giovanni, rimasti troppo a lungo incompresi.
 
I Clochard.:
Esempio della sofferenza nel percorso di purificazione terrena verso la Gerusalemme Celeste, i clochard sono i rappresentanti del bene, arruolati dall’angelo messaggero per opporsi nel grande giorno della battaglia finale (Armaghedòn) all’esercito del male.
I Managers.:
Sono i rappresentanti del male che affligge i nostri tempi, ma non una demonizzazione del denaro e del progresso, bensì dell’incongruo uso che se ne può fare. I managers arruolati dalla bestia muovono battaglia contro gli angeli di dio.
La Bestia.:
Il demone, dal greco dàimon, nella filosofia greca è colui che si pone a metà strada tra ciò che è divino e ciò che è umano interferendo tra le due dimensioni.
                              L’azione ha luogo in un limbo sospeso tra cielo e Terra.
 

APERTURA

D. Santanelli / G. Resi / L. Pariota, F. Campanino, P. Campanino / A. Vacca 2015                                                                                                                                  


NARRATORE  intervento 1, Giovanni.

Interludio musicale 1.
Video: percorsi desertici

Lunghi capelli bianchi che adornano le spalle, e la folta e saggia barba che ne arricchisce il volto. Con imperitura sapienza il grande vecchio, dall’aria eterea, si aggira con fare sovrannaturale brandendo un libro. E’ il testamento della coscienza umana, di cui improvviso comincia a declamare il contenuto. Legge e racconta, per se, a tratti per gli altri. Sullo sfondo scorrono immagini di percorsi aridi e assolati che ricordano le zone del Nilo. Lui, completamente avulso dalla realtà che lo circonda, nella sua tunica di colore nero con bordi d’oro zecchino, come un Virgilio del nostro tempo, guida gli spettatori attraverso i gironi dell’Apocalisse per svelarne il significato più intimo. 
                                                                                                                                                                                            
Recita :

“Nel 95 dc l’angelo messaggero inviato dal Signore giunse sull’isola di Patmòs per portarmi in visione in cielo il destino dell’umanità. Io lo trascrissi e lo tramandai all’uomo attraverso le sette chiese. Ma la mia profezia, la mia, la nostra Apocalisse, dopo duemila anni non è stata purtroppo ancora compresa, il suo senso reale smarrito vaga nel buio dell’anima, mentre il torpore della mente porta l’uomo sul baratro della follia. Forse fui troppo ermetico, forse troppe furono le metafore poco comprensibili, forse la mia penna troppo colta. Oppure forse, a opera della bestia, di quel demone che ponendosi a metà strada interferisce tra il divino e l’umano, le mie parole sono giunte già corrotte nell’umano pensiero. O forse ho solo sopravvalutato l’uomo e la sua capacità di entrare in contatto con il divino che porta dentro di se.  Ma in verità l’Apocalisse è adesso ed è dell’anima, rappresenta l’eterna scelta tra il bene e il male, la bivalenza del positivo e negativo, le due facce della stessa medaglia che convivono in ognuno di noi; non ci sarà alcun meteorite a colpire il pianeta, perché i mari che invadono le città sono il peccato che attenta l’anima e tutte le stelle che cadono sulla Terra sono solo le tue lacrime, Signore. E’ un percorso di purificazione nel grande vivaio spirituale che è la Terra, e il Giudizio Universale in realtà non è altro che un “giudizio individuale”, che libera l’anima verso livelli superiori e appartiene al giorno del trapasso. Ma se l’umanità a oggi non riesce ancora a comprenderne il lieto fine, a vedere la strada che porta alla Gerusalemme Celeste, la città perfetta fatta per l’uomo in eterna alleanza con la tua armonia, come potrebbero mai le mie parole sollevare il velo dal suo significato reale e più intimo proprio ora, in un’epoca in cui si legge poco e male?  Signore, io sono Giovanni l’apostolo, il tuo fedele seguace testimone del prima e del dopo, e chiedo alla tua misericordia di sollevare da un uomo stanco il peso di un’ormai insostenibile fardello, di indicare una strada nuova per caricare le mie scritture di rinnovato vigore. 

(L’attore si ferma chiude il libro e sollevando il capo continua)

Così Giovanni l’apostolo invocò il Dio onnipotente, implorandolo di proporre un incarico a un vettore nuovo, uno strumento al passo coi tempi più idoneo a fare breccia lì dove lui aveva fallito.

E d’improvviso il cielo divenne scuro e un mondo nuovo vi apparve per portare un angelo sulla Terra, un angelo moderno, un messaggero capace di parlare chiaro e di mostrare causa e effetto, i crimini dell’umanità e l’ira di Dio, l’Apocalisse che già è parte del nostro tempo. Un angelo inviato per il passaggio di consegne a canali idonei a comunicare nei nostri giorni, in grado di creare “un pensiero semplice”, accessibile a tutti. Così la pittura, la musica, la danza, e le arti libere in genere, furono elette.

 


 SCENA PRIMA

 

Musica: Angel-Massive Attack (integrazione a cura di Piero Campanino).

Coreografia: A. vacca

Video:. Arrivo dell’angelo

 

00.00–00.15”Arrivo dell’angelo (Video)

00.15–00.37“Attori travestiti da barboni che rappresentano l’esercito del bene e attori travestiti da managers che indossano guanti rossi, fanno il loro ingresso sul palco entrando dai due lati opposti e come scorrendo su binari paralleli, con passo cadenzato e improvvise e brusche sterzate della testa al ritmo del bit musicale, si guardano come studiandosi.

00.38“Gli attori di entrambi gli schieramenti alzano la testa e rivolgono lo sguardo verso il video per seguire gli accadimenti.

01.12“Appare una navicella spaziale che dal mondo ultraterreno porta l’angelo in prossimità della terra. L’angelo viene lanciato nell’atmosfera come corpo di donna senza vesti che precipita sulla Terra, e in caduta libera in accelerazione gravitazionale passa attraverso le nubi perforandole, per atterrare al suolo con un tonfo.

02.04“La musica e le sonorità s’interrompono bruscamente, lasciano sul campo solo un’onda appena percettibile, fatta di eco e polveri, mentre scompaiono le immagini video dallo schermo che va in nero.

02.11” Sul palco vi è solo una luce di occhio di bue che illumina un telo bianco posto in terra al centro, sotto di cui si intravede una sagoma dalle fattezze umane, è l’angelo. I managers escono indifferenti di scena mentre i barboni incuriositi rivolgono lo sguardo verso il drappo bianco.

02.17“La luce sul telo bianco scende d’intensità mentre una fiato fuori campo intona il silenzio militare dominando la scena, mentre un puntino bianco immerso nel buio si espande e si contrae in modo ritmico sul video secondo le frequenze prodotte. L’angelo per tornare sulla Terra passa attraverso la morte, che rappresenta il punto di sdoganamento tra terreno e ultraterreno

03.20“-04.05” La musica riprende dalla parte iniziale del brano dei Massive Attack, e la sagoma comincia a muoversi destandosi dal torpore, prende piano coscienza e lentamente si leva verso la posizione eretta con movimento quasi ameaboide. I barboni le si avvicinano.

Interludio musicale

04.06”L’angelo sotto il telo allarga le braccia come a spiegare le ali nel momento in cui due barboni, uno per lato, con le mani afferrano i lembi opposti del telo e lo tirano via facendolo scorrere in senso posteriore svelando l’angelo stesso, che avanza verso i monitor. L’angelo è lì, spalle al pubblico, le luci si spengono e si va in nero, mentre l’angelo sparisce dal palco per riapparire sui monitor in video, questa volta faccia al pubblico. L’angelo muove la bocca molto lentamente, come se le immagini arrivassero ritardate via satellite come da un’altra dimensione, e non si odono parole, parla attraverso uno scripting che appare sul video che dice: “Ora vi mostrerò le cose che accadranno”.

 

SCENA SECONDA                                                                                                                         

Musica:

Coreografia: A.Vacca

Video: crimini, ira e nuovo vettore

00.00-01.50”Cinque attori in scena, con ballo e movimento del corpo, fanno da cornice al video che è protagonista proponendo immagini dei crimini dell’uomo prima e di disastri naturali poi, come metafora di causa effetto dell’Apocalisse. Seguono scene che rappresentano artisti nel convulso svolgimento delle proprie emotività creative che attraverso la pittura simboleggiano il passaggio di consegne ai nuovi canali di comunicazione inviati in soccorso della scrittura

NARRATORE intervento 2, gli eserciti.

Interludio musicale 3.

Il video salta come per colpa di delle interferenze, compaiono strisce tipiche della mancanza del segnale, mentre una luce calda accoglie l’apparizione del nostro narratore in piedi su un ceppo, con il testo aperto tra le mani che lo rapisce completamente. Inizia a leggere al pubblico:

 “Vi sono in ogni uomo, in ogni momento, due postulazioni simultanee, l’una verso il demonio, l’altra verso dio. Vi sono due schieramenti in campo, l’uno del male, l’altro del bene. Il male sotto mentite spoglie cela l’ottusità dell’anima, che sa devastare più della forza delle passioni. Il bene, quello vero, è silenzioso e discreto, spesso invisibile, e ha lunghe ali che lo rialzano ogni volta che cade.”

Il narratore dopo aver letto chiude il libro e recita:                 

“Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, poveri e ricchi, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome”. (Apocalisse 13:16-18)                                                                              

                        

SCENA TERZA

Musica: Highway to hell, AC/DC

Coreografia. A.Vacca

Video: scene di violenza

 

Sulle note degli AC/DC entra in scena l’esercito del male costituito da uomini del business vestiti da managers, i classici colletti bianchi, per una rappresentazione che non vuole demonizzare denaro e progresso, ma solo il cattivo uso che se ne può fare, capace di produrre dolore e solitudine.

00.00–00.23” mentre il video trasmette immagini d’intensità fisica ed emotiva che ripropongono status tipici degli ambienti in cui il denaro la fa da padrone, una voce fuori campo cita il numero della bestia.

00.23-00.34”I managers fanno ingresso sul palco col passo dell’oca (tipico nazista). Rompono le righe e poi di scatto, in modo improvviso e inaspettato, tutti sfilano dalla tasca uno smart-phone per isolarsi ognuno nelle propria dimensione virtuale, chattando, scrivendo e non rivolgendosi più neanche uno sguardo.

00.34–01.17“                   Simultaneamente all’improvviso cominciano, smart-phone in pugno, ad inneggiare highway to hell.

01.17-01.37”Entra un uomo vestito da tecnico del nucleare, con tanto di mascherina e simbolo tipico esposto, che consegna dei pezzi di cartone con sopra codici a barre.

01.37–01.53“A questo punto i managers inneggiano ancora, stavolta con i cartelli tra le mani tenuti in alto.

01.53–03.08” I managers si allineano e sfilano in colonna uno per volta girando il proprio cartello verso il pubblico, sono cinque: il primo della fila davanti agli altri ruota il cartone con dietro scritto “superbia”, mentre la medesima scritta appare in grande sul video (il medesimo cartello), il cartello tenuto inizialmente all’altezza del petto dopo pochi secondi viene alzato in alto e dopo un secondo la testa del manager di scatto cala repentina verso il basso fino a toccare con il petto con il mento. Il primo della fila esce di scena, scorrendo di scatto su un lato come tirato via da una forza invisibile per poi girarsi e uscire con passo naturale, lasciando in vista il secondo e così via di seguito scoprendo in successione i cartelli con scritto: ira, avarizia, invidia, accidia e gli altri vizi capitali, per lasciare ultimo sul campo solo la solitudine.

Interludio musicale 4

 

SCENA QUARTA

Musica: Philadelphia – B. Springsteen (live Simona Bo/arrangiamento Lino Pariota).

Coreografia A.Vacca.

Video: barboni

                                                                                                                                                                         

00.00–00.34”Entrano in scena i barboni in ordine sparso, camminando in modo affaticato, un po’ come zombies. Chi si ferma e resta in piedi, chi si siede, chi si accovaccia, si passano una bottiglia di Jack Daniels. Chi si accende un mozzicone trovato in terra.°

 

0034.–00.58“L’angelo fa il suo ingresso e inizia a cantare mentre i barboni voltano lo sguardo verso di lui.

 

01.00–01.43”L’angelo comincia ad abbracciare i barboni uno per volta (nel durante che va la voce di B. Springsteen), lentamente, con amore, chi da dietro le spalle, chi alle gambe etc.*

 

01.43–02.03”Un barbone offre all’angelo il suo contenitore per le elemosine, l’angelo lo gira lasciando cadere gli spiccioli in esso contenuti. L’angelo soffia nel barattolo e vi infila le dita, le tira fuori, le fa scivolare dolcemente sul il viso del barbone,lasciandouna evidente striscia di colore. E’ una sorta di battesimo a nuova vita con cui l’angelo messaggeroarruola adesso gli uomini nell’esercito del signore in vista della battaglia di Armaghedon, lo scontro finale tra bene e male che si terrà sul monte Meghiddo.

L’angelo riprende a cantare.

 

02.05-03.04”I barboni si passano il contenitore delle elemosine, ora contenitore di colore e di vita ungendosi autonomamente uno per volta.

Un’improvviso tintinnio di denaro (parte introduttiva del successivo pezzo musicale) provoca nei barboni un timore che li porta a dileguarsi con fare impaurito con movimenti scoordinati e ameaboidi. Alcuni si nascondono, altri corrono di soppiatto sotto il muro, c’e’ chi s’infila nel proprio cartone-giaciglio restando solo con parte della testa al di fuori per spiare

SCENA QUINTA

 

Musica: Money–Pink Floyd.

Coreografia A.Vacca.

Video: rappresentazione del denaro

00.0 –00.53”Arrivano i managers, entrano in scena con banconote in pugno, alcuni si fermano al centro del palco telefonando attivamente, come nel pieno delle proprie funzioni. Un manager scorge il barbone nascosto nel cartone, gli si avvicina e mentre lui esce dal cartone-giaciglio per mettersi in fuga, il manager con fare beffardo lo annaffia di banconote,il barbone stramazza al suolo privo di vita.

 

00.53–01.38“I managers recuperano le sedie impilate in un angolo della scena per disporle al centro lungo una linea parallela al pubblico, poste di spalle, e improvvisano una danza con la sedia per poi sedersi. Cavalcioni rivolti al pubblico.

 

01.40–02.19“Entrano in scena due persone vestite da chirurgo, con camice verde e mascherina. I managers, con movimento sincrono ad elicottero fanno scivolare le gambe al di sopra delle spalliere delle sedie per mettersi spalle alla platea e distendere le gambe unite e in atteggiamento rigido, a simulare la posizione su di un lettino operatorio. Un ampio telo di color verde dasala chirurgica viene sistemato sui managers dai due operatori sino a coprirli del tutto. I due chirurghi si infilano sotto il telo per operare.                                                                                                                                                       

02.1 –02.47”I due dottori dapprima fuoriescono da sotto il telo, poi lo tirano via. I managers ancora seduti ma con gambe in posizione normaledi scatto si girano tutti simultaneamente solo con la testa verso gli spettatori, portano tutti un’identica maschera bianca, anonima. I managers soddisfatti sfilano con le proprie sedie su di un lato del palco, dove le sistemano in prospettiva apprezzabile per la spettatore e si risiedono per ridare inizio alle proprie consuete attività..

NARRATORE intervento 3, la morte

Il ceppo in posizione angolare sul palco ospita il narratore, il nostro Virgilio è lì, illuminato ed ancora una volta rapito dal testo, che regge tra le mani. E’ visibilmente assorto, d’improvvisochiude il libro di scatto, ma stavolta non parla. Tace lui come tace la musica, non vi sono parole di fronte la morte, e il rispettoso silenzio per la sacralità del momento è solenne. Le sue riflessioni stavolta passano attraverso un canale nuovo.

00.00-0025”In rappresentanza dei suoi pensieri entra in scena una ballerina che recita “la morte del cigno”, ma senza musica. Dinanzi la morte le parole lasciano il campo al silenzio.

Interludio musicale 5.

 

00.25-0035”Un tintinnio di monete preannuncia l’arrivo dei managers e i barboni impauriti si dileguano mentre uno di loro viene colpito da una manciata di banconote lanciate con fare arrogante da parte di un manager, e stramazza al suolo e muore.

Chiari esempi di incongrua gestione del benessere e del progresso palesano il male del nostro tempo, la solitudine. Elementi creati per comunicare generano paradossalmente vuoto e isolamento, il social diventa asocial in un mondo votato alla esasperata ricerca del successo, della bellezza, dell’eterna gioventù. Lo smarrimento nell’effimero e l’appiattimento generale è inevitabile.

                                                            

SCENA SESTA

Musica: I miss you – Etta james (live Simona Bo, arrangiamento Lino Pariota).

Coreografia: A.Vacca

Video: corteo funebre e nero

 

00.00-00.10”Il barbone è in terra privo di vita. I managers incuranti sono seduti ipnotizzati dalle immagini che scorrono sul video e che parlano di denaro, di lusso sfrenato, borsa,  consumismo, vanità. Alternano con repentini e successivi bruschi spostamenti del capo verso il bassomomenti di iperattenzione rivolta anche al proprio smart-phone.

00.10-02.52”Tornano sul palco gli altri barboni che inscenano il funerale del compagno morto, in un stile Jazz-funk. Il tutto accade mentre l’angelo intona le note di “I miss you”. Il video dà la “fine delle trasmissioni” dopodiché va in nero attraverso il restringimento del campo luminoso fino ad un puntino bianco che alla fine scompare del tutto. I managers escono di scena portando con se le proprie “poltrone”. A distanza di alcuni secondi i barboni in corteo funebre defluiscono da un lato del palcoscenico mentre dal lato opposto al contempo fa il suo ingresso di nuovo il narratore.

 NARRATORE intervento 4, la battaglia.

Sul video il puntino bianco compie il percorso inverso, ricompare e diventa luce portando sullo schermo la vista dall’alto di un ampio e arioso prato, come da una balconata, che virerà dal colore arancio, al blu (non troppo scuro), al rosso, al celeste lungo i momenti salienti dell’intervento del narratore.*                                                                                                                                                                       

Interludio musicale 6.

Recita:

“E vidi uscire dalla bocca del dragone, da quella della bestia e da quella del falso profeta tre spiriti immondi, simili a rane. Essi sono spiriti di demoni capaci di compiere dei miracoli, andranno dai re di tutta la terra per radunarli per la battaglia del gran giorno del Dio onnipotente. Essi raduneranno tutti i re che combatteranno contro Dio incitati dalla bestia, e la battaglia finale avrà luogo in un posto che in ebraico si chiama Armaghedon. Quì, il bene vincerà definitivamente sul male

 

SCENA SETTIMA

Musica: Carmina Burana Primavera – Carl Off.

Coreografia: A.Vacca

Video: scene di guerra e lotta animale

 

00.00-00.23” Entrano in scena i due schieramenti che si scherano di fronte.

00.23-0145” D’improvviso i managers afferrano le loro armi, gli smart-phone e mentre fanno per rivolgerle verso i barboni, quest’ultimi afferrano le loro di armi e le oppongono all’aggressione, sono specchi. I managers vedono le propria immagine riflessa mentre sul video scorrono immagini tipo flash-back , è un viaggio interiore impietoso e improvviso. Gli uomini del potere sono sempre pronti ed attrezzati a combattere contro chiunque, ma non contro se stessi. Soccombono. Mentre sui monitors appaiono le immagini delle croci sul monte Golgota, i managers allargano le braccia in segno di crocifissione, ma in questo momento tutto si ferma, suoni, luci e movimenti.

01.45-03.01” Si va praticamente in fermo immagine con i barboni che da un lato brandiscono gli specchi, e i managers dall’altro in piedi a braccia spalancate in segno di crocifissione. Il nostro Virgilio con il solito testo tra le mani passa attraverso i due schieramenti, parallelamente ad essi, tra l’uno e l’altro con un fascio di luce che lo illumina, mentre il resto è leggermente in ombra.

 

Recita:

“Guardo il cielo, il sole e la luna, i campi e i boschi, monti e colline. E non finisco di capire. L’eterno paradosso di sapere di non sapere ossessiona la mia mente nel più antico degli interrogativi, chi siamo, da dove veniamo, dove andremo. E cos’è la morte. Se la morte è la porta per ascendere a livelli superiori, è forse un male necessario? E la guerra: esalta gli uomini, seduce re e imperatori dall’inizio dei tempi, sposta ricchezza e potere. E’ forse anch’essa un bene se utile a raggiungere la meta finale? Vita e morte a questo punto tendono a sovrapporsi e sulla base di questa armonia dimensionale si possono verificare dei contatti. L’uomo è naturalmente preparato a doversi difendere, a dover combattere contro ogni nemico gli si presenti. Impreparato è invece contro se stesso, e un’inattesa visita dentro di se può traghettarlo altrove: l’introspezione è un Caronte a tradimento.

                                                                                                                                                                                                                               

Il narratore uscendo dalle fila, ha appena ha finito di parlare, chiude il libro e i managers stramazzano al suolo sconfitti, privi di vita.

Interludio musicale 7 (morbido che introduce al lirico)

                                                                  

SCENA OTTAVA

Musica: brano pop-lirico a due voci (arrangiamento P.Campanino-L.Pariota).

Coreografia: A.Vacca

Video: strade di Filadelfia, barboni

 

00.00-04.22” I managers giacciono in terra, l’angelo si avvicina ai loro corpi privi di vita, si china su di loro e comincia ad ungerli di colore uno alla volta per riportarli in vita. Il primo manager resuscitato dall’angelo si alza in piedi per duettare musicalmente con una barbona su note pop che si fondono con un tessuto lirico.

Interludio musicale 8                                   

 

SCENA NONA

Il Manager che ha duettato con la barbona, finita la performance le dona una rosa e la invita in un tango. I due ballano al centro, mentre tutti gli altri assistono al rito di comunione di questo momento, che la discesa nell’io alla scoperta della propria anima ha reso possibile.

Interludio musicale 9

 

NARRATORE intervento 5, la coscienza.

 Il ceppo lì dove si è abituati a trovare il narratore s’illumina, e lui c’è, e questa volta legge ad alta voce.

recita:

                                                                                                                   

Perché né il demone né Dio risiedono nel denaro, la ricchezza rappresenta un’occasione, mentre il demone di sicuro alberga nella povertà. E’ la povertà dello spirito che produce la vera miseria. Il denaro può generare immense fortune o grandi disgrazie, può avvicinare o allontanare, creare unione o isolamento. L’ottusità dei pensieri smarrisce invece la via, accoglie la bestia e trasforma il bene in male, l’essenza in vanità. Perché il male non è moderno, il male è antico, l’antico serpente fa uso improprio di ciò che è moderno al servizio di un’impropria follia, rende strumenti opportuni inopportuni, trasforma gli abbracci in solitudine.

Il nostro narratore scende ora in campo, si dichiara, non è più un’entità eterea, quasi sovrannaturale, completamente avulsa dal contesto che lo circonda, ma entra nella scena, entra in contatto. Lui non è Giovanni l’apostolo, e non è Virgilio, lui è la nostra coscienza che si racconta, che esce dal corpo per far pace con l’uomo. 

 

SCENA DECIMA

Musica: Bob Dylan, Knocking on heavens doors

Coreografie: A.Vacca

Video:

 

Il narratore diviene ora protagonista assoluto, scende in campo e prende la scena. Recita parlando di se in terza persona, con il corpo che si aggira sul palco tra gli attori, mentre l’anima guida è come rimasta nell’aria. Entra anch’egli in comunione, con tutti, scambia il convenzionale segno di pace con stretta di mano con barboni e managers, i quali a loro volta lo scambiano tra di loro. L’introspezione ha prodotto la comunione tra managers e barboni, tra due mondi apparentemente lontani ma facce diverse di una stessa medaglia. Il livellamento tra il bene e il male, la convergenza tra positivo e negativo in un’unica coscienza collettiva esalta la fusione tra mente e spirito. A questo punto, mentre l’angelo intona dal vivo il brano di Bob Dylan (Knocking on heavens doors), i barboni svestono i propri panni cedendoli in un metaforico passaggio di consegne ai managers, che promossi ad un livello superiore l’indossano. Ora sono loro stessi barboni, e dal loro inferno inconsapevole sono ormai sono ormai usciti per entrare in purgatorio. I barboni smessi i propri panni, espongono fiere ali che gli sono germogliate lungo la schiena: è la fine del percorso di purificazione, sono pronti ora a librare verso l’anello successivo, la destinazione finale. Il narratore invece ha ora rivelato la propria identità, lui in realtà è la coscienza, che parlando di se in terza persona e scendendo tra il pubblico si racconta e

 

                                                                                                           recita:

 

“La coscienza è in realtà in ognuno di noi, conosce la verità e sa distinguere tra bene e male, ma troppo spesso è messa in sonno. Essa è considerata come qualcosa che in realtà non ci appartiene, c’è il corpo e c’è l’anima, e la coscienza appartiene all’anima, mentre al corpo restano i pensieri. E’ un ospite spesso non gradito, un giudice severo che ci osserva, da lontano, senza alcuna comunione. Ma la comunione non è prendere il sacramento attraverso l’ostia, la comunione è guardarsi dentro per promuovere la pace tra mente e spirito. Comunione è unione con gli altri e con dio, è unione col divino che è dentro di noi. La comunione tra corpo e anima è l’unica via possibile che porta alla luce, che crea la coscienza.” 

 

Il narratore è ora tra il pubblico, strappa le pagine del libro che ha custodito e letto durante tutto il viaggio per donarle agli spettatori. Le pagine sono specchi e lui le consegna una per volta agli spettatori con religiosa perizia, e come fossero ostie sacre ad ogni consegna in modo cadenzato e con tono solenne ripete: “guardati dentro”. E’ come dicesse “il corpo di Cristo”, è lui in questo momento a dare il sacramento ai fedeli, lui è il supremo contatto col divino, lui è la coscienza.

 

Dietro ogni specchio c’è un angelo con una scritta:

 

“Ogni pagina della tua vita è uno specchio, puoi guardarla lasciando che sia solo una pagina, oppure decidere di vedere”.