Sacro padre
Sacro Padre
Le parole sacre di mio padre, le magnifiche inquietudini, indicibili profezie.
La stupidità, l’arguzia, la fantasia, il bene e il male, l’odio e la violenza, tutto era previsto, e tutto lui accoglieva nella grande laguna della mente. Gli uomini tarati, quelli sani, i talentuosi, gli indigenti e gli opulenti, gli incoerenti, i coerenti, i franchi tiratori.
E non parlava a caso mai, analizzava. E non per caso quella luce nei suoi occhi era di grigio, sapiente, da riempirsi di parole e fantasie.
Era mio padre, l’uomo buono, l’eccelso scienziato, il profeta delle debolezze chiamate solitudine, di chi è per bene. Era lui la certezza, lui era l’incertezza, era Il bianco ed era il nero.
Lui mi abbracciava con l’anima e non col corpo, mentre capivo il perché di quella scala, della piramide, e il senso compiuto. Chi sfida la Sfinge è un eretico diceva il sommo critico, ma il solo pensarlo è già eresia.
E se la sfida è di volare, su tappeti ormai in disuso che non volano più, e con le ali di cartone, e camminare, con ali invece di cristallo che non possono bruciare, forse un giorno sposeremo il sole, senza muoverci di qui.
Si quaggiù, e lui laggiù che attende, nella profonda giungla del pensiero. Attende dove scrivere non pena, dove vivere è pertinente, e pensare non fa male. Attende, perché la luce abbraccia il giorno se la notte non è buia, ma profonda. Mi attende.
E nell’attesa di risposte e nell’ardore dell’attesa guardo mio padre, l’uomo buono, l’eccelso scienziato, le molteplici incoerenze, le coerenze e le eresie, profezie. Parole sacre.